Marzo 1974
Il tecnico si picchiò un
dito sul polso, poi si indicò la bocca.
Nella stanza regna il caos, sul pavimento lunghe file di fogli e
la flebile luce della lampada segue la sua sagoma ricurva. Le sue mani si muovono
sicure sulla tastiera.
Gli volto le spalle e raggiungo la camera accanto. Il mio
bambino dorme sereno. Ormai non sente più il ticchettio della macchina da scrivere,
quel suono lo conforta e ci annuncia che Lui è arrivato.
È lì, lo sentiamo e non ne abbiamo più paura.
Tutto è iniziato un mese fa. Philip venne da me e mi raccontò
ogni cosa. Rimasi come lui: pietrificata. A contatto con la fantasia si finisce
per essere sbalzati fuori dal mondo, lì, tra le sue realtà alternative.
Mi disse: Per noi… non può
esistere un solo sistema. Perché tutti i sistemi esistono… e tutti sono manifestazioni
della nostra paranoia. È per questo che dovremmo accontentarci del non senso,
del contraddittorio, del contrario.
Gli credetti, ma a Metz nessuno si schierò dalla sua parte.
Tutti lo osservavano come un caso patologico. Sottovoce lo chiamavano tossicomane,
pazzo, alcolizzato. Dicevano che aveva chiacchiere senza ritegno e interesse
soltanto per la sua cravatta.
Philip non badava alle voci. Aveva sempre vissuto in mezzo a
gente che lo disprezzava. Un giorno mi disse: Sono convinto che il mondo sta saltando in aria e che l’uomo non è né
cattivo né peccatore ma è spinto, quasi obbligato, a diventarlo.
In quel momento, credo, Lui sia venuto a fargli visita. Philip
di colpo è diventato un altro, diverso, direi cambiato. Ha iniziato a parlarmi
per ore della bellezza, mi ha spinto a cercare la gioia e ad assaporare la
vita.
Mi ha preso completamente;
sollevandomi dalle limitazioni della matrice spazio-temporale; mi domina, in
ogni istante, rendendomi consapevole che il mondo che mi sta attorno è come una
cartolina, un inganno.
Nonostante ciò, non smette di impensierirmi. Mi parla per ore
della morte, mi vuol preparare a una sua scomparsa precoce, forse imminente, mi
chiede ossessivamente se è arrivata una lettera che aspetta da tempo, mi
sollecita ad ascoltare la radio. Dice di sentire invocare il suo nome. Io
ascolto, ma non afferro alcun segnale. E intanto la radio continua a trasmettere
una canzone e poi un’altra e un’altra ancora… finché non mi giro e vedo che la
spina è staccata.
Mi ha detto: Il giovedì e
il sabato ero convinto di avere a che fare con Dio, il martedì e il mercoledì
con un essere extraterrestre…
Tutto è così terribilmente vero. Philip mi rassicura, dice che
Lui non è cattivo, anzi. Lo strappo che si è venuto a creare nella realtà è l’unica
possibilità che ci è offerta per vedere la meraviglia del creato. Così mi
lascia lì, ai miei pensieri, e fa ritorno alle reti dei suoi mondi futuri. E
mentre lo vedo scomparire dietro la porta, incontro un’ultima volta i suoi occhi
alieni, quelli nei quali giace l’uomo che amai.
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