Collegio
gesuita di Villa Mondragone
Frascati
1912
Mattino
Il vecchio collegio dei Padri Gesuiti era immerso nel silenzio.
Una quercia secolare dipingeva una zona d’ombra sulla facciata del palazzo
creando un suggestivo chiaroscuro. Il profumo della pace che si respirava nel
cortile predisponeva l’animo alla contemplazione, finalmente incurante di ogni preoccupazione.
Lì sarebbe stato perfetto perdersi per ritrovare se stessi o magari per
rinvenire qualcosa di perduto.
Il tempo e l’usura avevano lasciato segni indelebili sugli
intonaci e la penuria di denaro non faceva di certo sperare bene.
Padre Giuseppe Strickland aveva ragione, bisognava vendere. In
quelle condizioni Dio li avrebbe perdonati.
Qualche
tempo dopo
Mattino
“Il mattino ha l’oro in bocca”, aveva pensato Wilfred Voynich uscendo
dalla vecchia biblioteca del collegio. La luce, filtrando dalla grande vetrata centrale,
dipingeva splendide schegge d’oro lungo tutta la sala, sino ad illuminare gli
immensi scaffali colmi di vecchi libri.
Finalmente l’aveva spuntata. Non era stato semplice. Padre
Giuseppe aveva fama di essere un osso duro, ma se il fiuto l’aveva condotto fin
lì, le parole non potevano non fare il resto.
Trenta libri del Collegio Romano!
Sì, non c’era nulla da eccepire, davvero un bel colpo!
Sera
Mancava un quarto alle venti e i rumori della locanda arrivavano
ovattati su al primo piano.
Wilfred li aveva distesi sul letto sfiorando la ruvida pelle con
la timorosa passione dell’amante insicuro.
Con gli occhi febbricitanti, prese in mano un ottavo. Piccoli ricami
di nudi femminili, interluni e distese floreali incorniciavano le eleganti
pagine, forse medievali.
Un piccolo triangolo ocra sporgeva sul fondo del volume. Con la
mano tremante scorse velocemente le pagine fino ad arrivare alla conclusione. Il
foglio, ripiegato e anch’esso rifinito con mirabile gusto, era nascosto tra le
Pleiadi, lungo la costellazione del Toro.
Gli parve un buon segno
e, pur avvertendo quel senso di inadeguatezza che solitamente pervade chi è in
procinto di violare l’intimità altrui, iniziò a leggere.
Praga, 19 agosto 1666...
Il manoscritto era
breve, poco più lunga di un dispaccio di cancelleria. Wilfred arrivò rapido in
fondo alla pagina così come alacre si faceva sentire la stanchezza. Aveva la
fronte coperta di sudore, la gola bruciava per l’arsura. Si alzò, aprì la
finestra e si versò da bere. Mille immagini affollavano la sua mente, aveva
bisogno di fare un po’ di ordine.
Secondo quanto
affermava il mittente della missiva, un certo Johannes Marcus Marci, rettore dell’università
boema, il volumetto doveva risalire al XIII secolo. Per circostanze ignote aveva
salpato dall’Inghilterra, era giunto a Praga e, qui, venduto per 600 ducati all’imperatore
Rodolfo II come opera ignota di Bacone. Il professore Marci, su proposta del
sovrano, richiedeva l’intervento del famoso crittografo gesuita Athanasius
Kircher al fine di decodificarne il misterioso significato.
Wilfred ripiegò con
cura la lettera.
Dalle pagine del
manoscritto le miniature sembravano reclamare la sua attenzione. A prima vista lo
aveva scambiato per un semplice erbario, ma le numerose incursioni degli astri
ne deviavano il senso.
Ritornò al
frontespizio, voltandone rapidamente il dorso per immergersi finalmente nella
lettura. Procedeva sempre così: dapprima sfiorava il volume con gli occhi
chiusi, assaporando ogni attimo di quel primo contatto fisico, tra i profluvi di
quella materia rugosa; poi schiudeva le palpebre e si abbandonava alla
contemplazione delle immagini, soffermandosi di volta in volta sulle sinuose
curve e sui vividi toni; infine, ritornava alla pagina iniziale per dare inizio
allo studio vero e proprio.
Una successione di
caratteri scuri si affiancavano l’un l’altro senza svelare alcun senso. Il passaggio
dal significante al significato giaceva in un rigo morto. Ogni tentativo di
tradurre il testo appariva vano.
Wilfred si fermò. Aveva in mano un tesoro di carta,
a lungo sepolto in un vecchio monastero di provincia. Si immaginò un vecchio,
ricurvo su un ammasso di fogli coperti di formule e parole, un folle, inventore
di lingue mai scritte da lasciare forse ai posteri come prove del suo acuto
ingegno, un genio, capace di nascondere tra coltri di erbe, secoli e stelle un
segreto cifrato. Di lui non restava che un oscuro manoscritto, sopravvissuto ai
secoli e al silenzio, attraverso una lingua che aveva oltrepassato la morte
senza essere mai nata.
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