Sankt
Göransgaton, 84
Stoccolma
(Svezia)
9 novembre
2004
L’elegante palazzo di Sankt Göransgaton, sede del discusso
magazine svedese, è quasi vuoto. Nell’ingresso due uomini attendono l’arrivo
dell’ascensore e riempiono con i soliti discorsi il silenzio che di lì a breve
dimenticheranno.
Uno dei due, sulla cinquantina, in un completo scuro spezzato dalla
camicia bianca e da una cravatta a righe, guarda l’orologio. È in ritardo. L’ascensore
non accenna a scendere, in tutta probabilità è guasta e il tecnico non è ancora
arrivato per la manutenzione.
Non restano che le scale sulla destra.
Il sudore gli imperla la fronte.
Il suo ufficio è al settimo piano, quattordici lunghe rampe. Il
numero di gradini non ha mai avuto modo di contarli.
Primo piano… Secondo piano… Terzo piano…
Si blocca. Prende fiato. È completamente madido. La camicia è
incollata al corpo e gli occhiali sono tutti coperti di gocce. Maledette
sigarette! Sessanta al giorno lo lasciano senza respiro.
Quarto piano…
Una fitta o, meglio, un’altra o, forse, la stessa che è ritornata.
Non sa spiegarselo. Si porta una mano al petto, come per ascoltare i battiti in
crescendo. Il medico glielo aveva detto che doveva staccare. Un giorno o
l’altro il lavoro l’avrebbe ucciso.
Quinto piano…
Ma come poteva staccare? L’Expo aveva bisogno di lui. Meglio diminuire
le sigarette e, dato che c’era, dare una regolata anche all’alimentazione non
proprio mediterranea.
Sesto piano…
Una bella dormita. Ecco cosa gli serviva: una sana dormita. Concluso
il dossier sui Democratici Svedesi, addio alle notti al pc in compagnia del
caffè. O almeno arrivederci.
Settimo piano.
Finalmente!
Un ultimo passo.
Vede la sua scrivania, i fogli sparsi dove l’aveva lasciati, il discorso
che aveva preparato per il seminario sulla Notte dei Cristalli, il computer
spento, il viavai dei redattori per la stanza. Qualcuno parla concitatamente.
Forse è al telefono.
Non riesce a muoversi, sente soltanto un dolore acuto al cuore.
Il pensiero va a Eva, poi chiude gli occhi.
Casa
editrice Nordstedt & Söner
Stoccolma
(Svezia)
Novembre
2004
Le notizie
erano arrivate tempestivamente: Karl Stig-Erland Larsson era morto e la
correzione del primo volume della trilogia Millennium
era stata appena ultimata. A breve Uomini
che odiano le donne sarebbe andato alle stampe e già si presagiva un
successo strepitoso.
Che strano
scherzo del destino: morire a un passo dal successo e, per giunta, nello stesso
identico modo in cui muore il giornalista del terzo volume della saga, La regina dei castelli di carte.
Infarto.
Che
coincidenza!
Certo, le continue
minacce da parte dell’estrema destra non gli avevano fatto bene. Dieci anni di
telefonate, di lettere anonime, di autobombe e scorte, di rischi a cui esponeva
Eva, la sua compagna di sempre.
Il pc non
si trovava. Dove poteva essere finito. All’Expo non c’era e anche i familiari
dicevano di non saperne nulla, presi com’erano dalla loro bagarre ereditaria.
Eppure
esistevano almeno 320 pagine del quarto volume e forse anche un quinto, un
sesto. Stieg voleva fare una decalogia.
Qualcosa
non quadrava.
Ci sarebbe
voluto Mikael Blomkvist. Mikael Kalle Blomkvist…
Che
fantasia dare al protagonista lo stesso nome del ragazzino della Lindgren, in
perenne lotta con la banda della Rosa Rossa.
In effetti…
Come avevano
fatto a non pensarci prima.
Stieg,
profondo conoscitore delle organizzazioni criminali, tanto da collaborare
persino con Scotland Yard, era entrato in contatto anche con il mondo esoterico
fino a trasformare la lotta al crimine nel senso autentico della sua vita.
Se il
partito neonazista lo combatteva a viso aperto, quale espediente migliore della
fiction narrativa per contrastare la forza occulta delle organizzazione
massoniche? E quale peggior ordine esisteva di quello che sotto la bellezza
della rosa scarlatta celava il sacrificio umano?
La sua data
di morte – 9/11/2004 – aveva un significato. Simbolico. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato
non cambia: otto, la giustizia.
Qualcuno
aveva capito e perciò aveva avuto paura. Qualcosa era stato scritto o poteva
essere fatto. Meglio tappargli la bocca senza lasciare traccia. Doveva essere
una morte naturale. Un isotopo del polonio poteva essere fatale. Solo l’autopsia
avrebbe potuto smascherare il piano.
Per chi si
rintana nei libri, come un editore, uno scrittore o semplicemente un lettore, la
fantasia rischia di far perdere il senso del reale. Ma si sa, a volte, la
realtà supera di gran lunga l’immaginazione.
0 commenti:
Posta un commento